Introduzione

L’etimologia della parola potere fa riferimento al verbo latino poteo ed in particolare ad una forma arcaica dell’infinito posse, che è proprio potere. Con questo termine si indica dunque la capacità di ‘potere fare qualcosa’, che nel tempo si è anche declinata nell’estremizzazione di ‘imporre il proprio volere ad un altro’. Allo stesso tempo la radice pa fa riferimento al concetto di ‘protezione’, come nella parola ‘padre’. Se ne deduce che l’utilizzo della facoltà di poter imporre il proprio volere a un altro non sia assoluta ma abbia in sé un limite, che fa sì che l’esercizio del potere non sia assoluto ma svolto in modo responsabile, con la ‘diligenza del buon padre di famiglia’. Il concetto di potere, scisso nella doppia accezione di possibilità di determinare il volere dell’altro e realizzazione della forma più alta di cura rappresenta in modo emblematico la relazione genitore-figlio.

Stili genitoriali

Alla nascita il bambino è ancora molto immaturo e incapace di sopravvivere da solo. Il cervello infatti si sviluppa per lo più dopo il parto, in questo modo si realizza il vantaggio di un maggior accomodamento alle caratteristiche ambientali in cui il bambino vive. Tale dipendenza favorisce l’istaurarsi del legame di attaccamento:

Nella buona e nella cattiva sorte il neonato dipende dai genitori’.

(A. Miller)

Seguendo il paradigma dell’attaccamento, perché un bambino si possa sviluppare in modo psicologicamente sano è necessario che sia accudito da un caregiver, di solito la figura materna. Con il passare del tempo anche il padre acquista una sempre maggiore importanza agli occhi del bambino: i genitori accompagnano la sua crescita attraverso pensieri e azioni che possono fare riferimento a differenti stili relazionali. Per ‘stile genitoriale’ si intende l’insieme degli atteggiamenti e dei comportamenti utilizzati dal genitore nella relazione con il figlio.

Al fine di comprendere meglio gli ‘stili genitoriali’, gli studiosi hanno dovuto anche guardare alle ricerche e agli studi sulla leadership.

Gli esperimenti di Lewin, Lippit e White hanno permesso di identificare tre stili di leadership, ovvero tre modalità di conduzione delle attività del gruppo da parte di chi lo guida: stile autocratico, democratico e laissez faire.

  • Nello stile Autocratico il leader cala dall’alto le proprie direttive, senza confrontarsi con il gruppo né fornire supporto o aiuto in caso di difficoltà.
  • Nello stile Laizzez-faire il leader assume un ruolo passivo senza dare istruzioni di nessun tipo al gruppo, che viene lasciato in una stato di libertà assoluta.
  • Nello stile Democratico il leader coinvolge il gruppo nelle decisioni, si confronta e lo supporta guidandolo a realizzare la migliore organizzazione per il raggiungimento del compito.

Nel 1969 Baumrind riprende tali studi e li integra con l’osservazione di centinaia di soggetti, identificando gli stili genitoriali corrispettivi:

  • Stile genitoriale autoritario: adottato da genitori molto direttivi, emotivamente distaccati verso bisogni emotivi e risultati ottenuti dai figli. Da un punto di vista normativo richiedono obbedienza cieca e incondizionata, in quando non sostengano lo sviluppo e l’espressione del pensiero e del modo di essere del figlio. Di solito l’esito di questo stile educativo porta i figli a sviluppare difficoltà di autoregolazione emotiva (in quanto non sono sostenuti dai care-givers in attività di mentalizzazione degli stati emotivi), scarsa autostima (per la mancanza di sintonizzazione dei genitori sui loro bisogni affettivi), incapacità di stare nelle regole dell’ambiente sociale (per la mancanza di interiorizzazione del limite, che viene esclusivamente imposto). Vi è spesso un alto tasso di incompetenza sociale, non riescono a relazionarsi in modo funzionale perché non abituati ad assumere un atteggiamento empatico verso l’altro. Spesso sono sgarbati, insolenti.
  • Stile genitoriale permissivo: i genitori sono estremamente tolleranti nei confronti dei figli, non pongono loro limiti ma lasciano che autodefiniscono le proprie regole di comportamento. Hanno la massima accettazione di impulsi, desideri e azioni dei figli, ai quali viene offerto tutto ciò che richiedono. Il clima relazionale può essere caratterizzato da calore affettivo, oppure da distacco e lontananza emotiva. I figli in questo caso sono impulsivi, non abituati a riflettere sulle proprie scelte perché nella loro esperienza esse non hanno mai conseguenze. Hanno un atteggiamento egoistico e quando si impegnano lo fanno per ottenere ricompense esterne, non essendo abituati a impegnarsi per migliorare le proprie competenze e per ottenere risultati migliori.
  • Stile genitoriale autorevole: i genitori basano la relazione con i figli sull’ascolto delle loro richieste e la comprensione dei loro bisogni. Il clima relazionale è caratterizzato da un continuo confronto in cui il genitore sostiene il processo di crescita, individuazione e autonomizzazione del figlio. Le richieste e i limiti che vengono dati ai figli sono adeguate, motivate e spiegate, in modo che diventino strumento di riflessione e crescita nella consapevolezza. I genitori sono in questo caso in grado di accompagnare i figli nel proprio percorso di crescita: li sollecitano, li sostengono, riconoscono le loro qualità e ne incoraggiano l’autodeterminazione e la possibilità di compiere scelte autonome, pur all’interno di limiti tracciati dai genitori stessi.

La dimensione del potere all’interno della relazione genitore-figlio

All’interno dei tre stili genitoriali la dimensione del potere acquista una propria connotazione peculiare.

All’interno dello stile genitoriale autoritario il potere è una variabile fondamentale: il genitore ricerca continuamente l’affermazione del proprio potere, basato sulla definizione di ruolo. Mancando la sintonizzazione emotiva sui bisogni del bambino, si crea una relazione nella quale prevalgono la regola e i diritti di status. Il genitore indica al figlio non solo come comportarsi ma anche come essere, cosa pensare e quali bisogni avere.

Nello stile genitoriale permissivo la dimensione del potere è fondamentale in quanto assente: questo potrebbe derivare da una precisa scelta ideologica oppure dall’incapacità personale di contenere in modo ricettivo e funzionale agiti del bambino.

Solo nello stile genitoriale autorevole il potere è strumento con cui i genitori cercando di guidare i figli, utilizzandolo per creare i confini protettivi all’interno dei quali essi possano esercitare la propria libertà di sperimentazione e autodeterminazione. Il potere non ha in questo caso valore assoluto come nel caso dello stile genitoriale autocratico, ma è a servizio della relazione e della maturazione psicologica di entrambi.

Le forme di potere dunque all’interno della relazione genitore-figlio si possono declinare in termini di autorità o autorevolezza. Nell’autorità il potere viene legittimato dal ruolo ricoperto e vi è una netta distinzione tra chi ha e chi non ha potere in un dato momento (Popits, 2001). L’esercizio di potere può essere legato all’uso di mezzi coercitivi. L’autorevolezza invece non è legata a un ruolo, ma all’espressione di competenza personale da parte del genitore. Poiché nessuno è esperto in ogni contesto, ‘il potere si muove e la temporanea disparità è superabile con un processo di empowerment, attraverso cui chi detiene autorevolezza intende potenziare chi vive una situazione di momentanea “impotenza” (Piccardo, 1995), promuovendone l’autonomia e la capacità di cooperazione’.

In letteratura si condivide attualmente la convinzione dell’importanza di superare la posizione dell’autorità del ruolo genitoriale a favore invece dell’autorevolezza della persona del genitore, in cui la dimensione del potere trova spazio ma a servizio del rispetto dello sviluppo delle caratteristiche specifiche di personalità del figlio. Il genitore autorevole è sintonizzato con i vissuti emotivi del figlio, individua le aspettative socialmente desiderabili in termini di comportamento, gliele comunica in modo appropriato e lo accompagna nel percorso di interiorizzazione della regola e di regolazione dei propri stati emotivi5.

Da un grande potere derivano grandi responsabilità’, frase resa celebre dal fumetto Spider Man (1962), può dunque ben descrivere come le dimensioni di autorità e potere si dovrebbero declinare all’interno della relazione genitore figlio: con rispetto e attenzione delle caratteristiche personali del figlio, persona in divenire, sempre in contatto con il suo ambiente emotivo e relazionale.

Conclusione

Attraverso questo scritto si sono definiti gli stili di leadership prima, a partire dagli studi pionieristici di Lewin, Lippit e White (1939), per poi passare alla definizione di stili genitoriali nella teoria di Diana Baumrind (1991). La dimensione del potere è valore assoluto in sé nello stile genitoriale autoritario e assente in quello permissivo, mentre diventa strumento di crescita in quello autorevole, a servizio delle necessità di sviluppo e crescita di genitori e figli all’interno della loro relazione. Si tratta di una forma di potere non assoluta che si fonde con la cura e la responsabilità.

Bibliografia

  • Baumrind, D. (1991). ‘The influence of parenting style on adolescent competence and substance use’. Journal of Early Adolescence
  • Cortesi, G. ‘Autoritari o Autorevoli? La socializzazione in famiglia tra affettività, cognitività e normatività’. riflessioni emerse nel corso di una ricerca teorica ed empirica condotta
  • Miller, A. ‘Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé’, Bollati Boringhieri, Torino, 1996
  • Winnicott, D. ‘Sviluppo affettivo e ambiente’ Armando Editore, 2015