Introduzione

Zygmunt Bauman, con la teoria della ‘società liquida’, ha gettato una luce critica sulle dinamiche sociali moderne, evidenziando la precarietà e la mutevolezza delle istituzioni, la crisi dei valori e la difficoltà di immaginare il futuro. La società liquida influenza negativamente anche la stabilità e l’efficacia dei legami familiari. Secondo Bauman infatti, la famiglia tradizionale, una volta solida e stabile, è ora soggetta alle stesse forze di liquidità che permeano la società. In “Liquid Love”, Bauman discute la natura transitoria delle relazioni, sostenendo che la famiglia è diventata più vulnerabile all’instabilità e alle pressioni esterne e per questo meno in grado di fornire quella sicurezza di base fondamentale per lo sviluppo psicologico equilibrato del bambino. Tali studi sono in linea con la ‘Teoria dell’attaccamento’, basata sull’osservazione e sulla teorizzazione che la mancanza di sicurezza e continuità nelle relazioni familiari possa avere conseguenze negative sullo sviluppo emotivo e psicologico dei bambini.

Cambiamento del ruolo genitoriale

Un altro tratto fondamentale della società contemporanea è il focus eccessivo sull’individualismo, il successo personale e la ricerca dell’autorealizzazione. Fonti autorevoli, come il sociologo Frank Furedi, hanno sottolineato che la flessibilità e l’approccio più amichevole dei genitori contemporanei possono portare a risultati ambigui. La mancanza di confini chiari e la paura di limitare l’autonomia dei figli possono incidere negativamente sulla disciplina, creando un’ambiguità dannosa per lo sviluppo dei giovani.

Nuove sfide evolutive

In tale complessità si inserisce la posizione dei giovani adulti e degli adolescenti, che non devono più affrontare l’autorità genitoriale, come accadeva in passato, quando l’individuazione avveniva con rabbia attraverso l’atto di ‘uccidere il padre’ simbolicamente. Non è infatti più possibile definire se stessi attraverso l’opposizione con l’adulto: la trasgressione non è più compito evolutivo. La sfida principale invece è nel gestire la delusione delle aspettative createsi nell’infanzia, quando il bambino era il ‘cucciolo d’oro’, bellissimo, performante, dalle mille qualità. Al termine dell’infanzia il preadolescente, abituato ad essere al centro del tessuto relazionale familiare ed iperinvestito di attenzioni,  percepisce il proprio corpo quasi sempre come deludente:

‘Il nuovo corpo adolescenziale è percepito quasi sempre come deludente, incapace di reggere il confronto con i canoni di bellezza coltivati nel corso di un’infanzia precocizzata e iperstimolata’. [5]

L’adolescente non riesce a confrontarsi con il genitore non perché ne tema le reazioni, ma perché è angosciato dalla possibilità di deluderlo, di non corrispondere alle aspettative che questi ha riposto in lui. Si manifesta così il dramma del genitore di oggi: iperprotettivo e accudente nell’infanzia, si trova durante l’adolescenza a gestire le difficoltà di un figlio fragile e sempre più lontano. Come suggerisce Matteo Lancini, un ambiente in cui le aspettative sui bambini sono enormi e spesso irrealistiche alla fine arriverà a generare stress, ansia e depressione nei giovani, sopraffatti da una sensazione di inadeguatezza.

Educare al fallimento

La crescente mancanza di una guida chiara nell’identità, insieme alle aspettative sociali, contribuisce a una crisi identitaria diffusa tra gli adolescenti. Il mancato supporto nella navigazione di queste sfide può portare a una società dissociata, incapace di educare al fallimento e alla sofferenza. La società moderna promuove infatti la cultura dell’eccellenza in cui il successo è misurato da parametri specifici come realizzazioni accademiche e professionali. All’interno di tale concezione esistenziale non trovano posto concetti come il fallimento, vissuto come un impedimento alla realizzazione, una disconferma del proprio valore.

Numerosi studi hanno invece evidenziato come educare al fallimento sia fondamentale per mettere gli individui in grado di affrontare le sfide dell’esistenza in modo resiliente e competente. All’interno di tale visione il fallimento è parte integrante della crescita personale di ogni persona.

Emblematico rappresentante di quest’atteggiamento è Thomas Edison, uno degli inventori più prolifici della storia. Edison era noto per la sua dedizione alla sperimentazione continua. Una delle sue massime riflette la sua filosofia:

‘Non ho fallito. Ho appena trovato 10.000 modi che non funzionano’.

Secondo Edison, il processo di innovazione era altrettanto importante del risultato finale. I suoi esperimenti falliti non lo scoraggiavano, ma lo spingevano a comprendere meglio il problema e a sviluppare soluzioni più raffinate. Il fallimento non viene vissuto come un fallimento ma come un passo necessario verso il successo.
L’educazione al fallimento, unita a una visione del figlio più realistica e meno investita negli aspetti di performance, permetterebbe di generare processi di definizione dell’identità più realistici ed equilibrati.

Conclusione

Il fallimento del ruolo genitoriale nella società contemporanea evidenzia molteplici sfaccettature. Il dibattito su questo tema richiede un approccio equilibrato, considerando le sfide della società post-narcisistica, la crisi identitaria e la necessità di comunicazione e ascolto aperti. Affrontare queste domande richiede un impegno concreto da parte degli adulti per creare ambienti in cui i giovani possano svilupparsi in modo sano e resiliente. Una riflessione importante è inerente la possibilità di educare i bambini ad un atteggiamento più consapevole e ancorato alla realtà, dove l’atteggiamento fondamentale è la comprensione del fallimento come stimolo a comprendere e comprendersi.

 

Bibliografia

  • Bowlby, J. ‘Attaccamento e perdita’ Bollati Boringhieri Editore, 1999.
  • Furedi, F. ‘Contro la psicologia. Come la deriva terapeutica rende vulnerabili individui e società’, Feltrinelli, 2023