Introduzione

In un mondo globalizzato, caratterizzato da una rapida evoluzione delle conoscenze e del progresso tecnologico, dall’accesso rapido alle informazioni tramite il web, dallo sviluppo sociale e da quello economico, l’istruzione, la diffusione del sapere e delle competenze sempre più specialistiche, sono il presupposto per una effettiva uguaglianza di diritti e di opportunità fra gli individui al fine di realizzare migliori modelli di convivenza sociale. Pertanto, diventa prioritario per i governi sviluppare politiche e standard di istruzione che incrementino la qualità degli apprendimenti, scolastici e sociali, rivolti in particolare a quella parte di popolazione che per motivi culturali, economici e psicologici incontrano maggiori difficoltà nel raggiungere standard formativi adeguati. Ma nonostante questo, tali livelli non vengono raggiunti soprattutto in Italia laddove, in comparazione con il resto dell’Europa, vi sono elevate criticità. L’indicatore più drammatico del fallimento dei progetti educativi è rappresentato dalla dispersione scolastica, ossia quel fenomeno in cui vi sono diversi fenomeni fra loro connessi quali l’evasione dalla scuola dell’obbligo, l’abbandono, la frequenza saltuaria, le ripetute bocciature, indici tutti di un fallimento del rapporto dell’alunno con la scuola e della scuola con l’alunno. Nel contesto italiano risultano ancora elevate le percentuali di soggetti che abbandonano la scuola senza conseguire un diploma di scuola superiore rispetto alla media europea (G. Affuso & Bacchini D., 2009).

Drop-out: definizione e aspetti caratterizzanti

Gli psicologi scolastici chiamano questo fenomeno legato al fallimento scolastico DROP-OUT: non riconducibile ad un’unica causa, ma vi concorrano diversi fattori di tipo familiare, economico, personale e socio-culturale. Da aggiungersi anche la pandemia da COVID-19 che ha portato bambini e bambine, ragazzi e ragazzi per quasi due anni a non poter frequentare in presenza il contesto scolastico, i compagni e il corpo docenti. Questa molteplicità di cause rende problematica la costruzione di un modello onnicomprensivo che tenga conto dei meccanismi e delle dinamiche psicologiche sottesi all’abbandono, così come il maggiore o minore peso di ciascuno di questi fattori che viene valutato diversamente a seconda degli attori, siano essi studenti, docenti o genitori (Migliorini et al., 2008). In uno studio condotto su un campione di studenti canadesi (Janosz et al., 2000), gli autori, richiamandosi a precedenti tentativi di classificare le varie tipologie di drop-out (Lecompte, Dworkin, 1991; Morrow, 1986): a) drop-out “tranquilli” (40%), che non presentano particolari fattori di rischio durante il percorso di crescita; b) dropout “male adattati” (40%), che si caratterizzano per la presenza di problematiche di tipo esternalizzante; c) drop-out “disimpegnati” (10%) caratterizzati da una mancanza di interesse e coinvolgimento per la scuola; d) drop-out a basso rendimento (10%) per i quali le difficoltà nell’apprendimento delle materie scolastiche sembrano costituire la principale determinante.

Analisi dei fattori

Le statistiche indicano nel passaggio dal primo al secondo anno di scuola superiore il momento più critico per l’abbandono, fenomeno che si manifesta soprattutto fra gli studenti iscritti agli istituti professionali e tecnici. I motivi possono essere molteplici, ma sembrano in ultima istanza riconducibili a due fattori: il raggiungimento del limite di età richiesto per legge all’obbligo scolastico e l’insorgere di problemi e difficoltà connessi alla fase di transizione da un ordine di scuola ad un altro (Urdan, Schoenfelder, 2006).

Per quando riguarda i fattori personali, in letteratura sono molte le dimensioni prese in esame: dal temperamento, ai tratti di personalità, all’efficacia. Se ormai pare acquisita l’importanza che costrutti come l’autostima e il senso di efficacia personale hanno nell’influenzare le performance scolastiche e vi è un’amplissima letteratura in proposito (v. Bandura 1997; Zimmerman, 1995) meno chiaro è il ruolo svolto da altre dimensioni personali come il sistema valoriale o il livello di aspirazioni del soggetto (Bacchini et al., 2004). Finn (1989), nel modello da lui chiamato “frustrazione-autostima”, ha evidenziato la relazione circolare che si crea tra fallimento accademico e autostima; l’individuo cerca di confrontarsi con i sentimenti di autosvalutazione conseguenti al fallimento scolastico adottando soluzioni che possono esitare sia in comportamenti di tipo distruttivo (Kaplan et al., 1997) sia in un ritiro depressivo. La associazione tra fallimento scolastico e problematiche esternalizzanti è stata evidenziata da vari studi (Maguin, Loeber, 1996) che hanno sottolineato come i soggetti più aggressivi tendano spesso ad essere isolati dal gruppo con una conseguente riduzione delle opportunità di partecipazione alla vita scolastica, come analizzato da Alexander (1997) e successivamente da Kokko et al. (2006), secondo i quali i soggetti che presentavano persistenti ed elevati livelli di aggressività fisica sin dagli anni dell’infanzia avevano più probabilità dei compagni di abbandonare la scuola. Nel novero delle caratteristiche personali merita una particolare attenzione il fattore di protezione costituito dalla prosocialità le cui relazioni con il rendimento scolastico sono state messe in luce da alcuni studi longitudinali realizzati nel contesto italiano (Caprara et al., 2000; Caprara, Gerbino, 2002; Pastorelli et al., 2002) che hanno rilevato il contributo predittivo e indipendente del comportamento prosociale, esibito negli anni di scuola elementare, sul profitto scolastico e sul mantentimento di relazioni positive con i compagni negli anni di scuola superiore, pur tenendo sotto controllo variabili quali l’efficacia o altri indicatori di disadattamento sociale. Il peso dei fattori interpersonali sull’abbandono sono collegati all’idea di scuola come comunità, alla percezione che l’allievo ha della scuola e, soprattutto, alla relazione che egli intrattiene con gli altri compagni. Negli ultimi anni sono aumentati gli studi che hanno esaminato gli effetti del clima scolastico sull’apprendimento: i risultati delle ricerche sono generalmente concordi nell’evidenziare come esperienze positive vissute in ambito scolastico abbiano un significativo impatto sul profitto (Haynes, Comer, 1993; Luo et al., 2007; Van Tartwijk et al., 1998). Un’attenzione particolare occorre prestare al ruolo svolto dalle relazioni fra pari la cui associazione con l’insuccesso scolastico è stata oggetto di vari studi (vedi la rassegna di Hymel et al., 1997) che hanno evidenziato la relazione inversa esistente tra il grado di accettazione del soggetto nel gruppo dei pari e l’insuccesso scolastico. Tali studi non hanno però del tutto chiarito la natura di tale relazione: se cioè l’insuccesso sia causa od effetto dello status negativo o se sia solo un correlato incidentale legato ai comportamenti aggressivi del soggetto che incidono direttamente sull’apprendimento (Elliot et al., 1998; Maguin, Loeber, 1996). Cairns, Cairns e Neckerman (1989) hanno chiaramente evidenziato come i ragazzi con comportamenti antisociali ed aggressivi tendano ad essere rifiutati dalla maggior parte dei compagni, con l’effetto di essere collocati ai margini delle quotidiane attività scolastiche; essi tendono, inoltre, in virtù di tale esclusione, ad aggregarsi in gruppi omogenei accomunati da un atteggiamento di rifiuto verso la scuola. L’azione di questi meccanismi è particolarmente precoce (Coie, 1990; Tomada, 2002) e il rifiuto sociale nell’infanzia costituisce un valido predittore di disadattamento ed insuccesso scolastico in adolescenza (De Rosier et al., 1994). Al di là delle variabili psicologiche, è stato osservato che lo status socio-culturale della famiglia e il genere sessuale hanno una relazione stretta con l’abbandono scolastico. Il numero di ripetenti maschi è in genere il doppio di quello delle femmine, associato quasi sempre ad un minore impegno dei maschi verso la scuola (Janosz et al., 2008). L’influenza del livello socio-culturale familiare sul fenomeno del drop-out è quasi autoevidente ed è stata oggetto di numerosi studi che hanno rimarcato il ruolo del livello di istruzione materno rispetto a quello paterno (Duncan, Brooks-Gunn, 1997), delle basse aspettative e scarso coinvolgimento dei genitori nelle attività scolastiche dei figli (Steinberg et al., 1996) e di una più generale marginalità del tessuto sociale (Finn, 1989; Rumberger et al., 1990).

Una ricerca interessante condotta da G. Affuso e D. Bacchini nel 2009, ha messo in evidenza che la cura e la promozione di abilità sociali nell’individuo e di un clima positivo nel gruppo classe siano presupposti centrali per contrastare il fallimento e l’abbandono scolastico. La cura delle relazioni nel gruppo è di fondamentale importanza in ogni fase della vita, in particolare durante l’adolescenza, quando il gruppo finisce con lo svolgere anche una funzione identificatoria per il giovane sostituendo o sovrapponendosi ai modelli familiari. Ecco, dunque, la necessità che le scuole, le istituzioni ed i governi locali supportino pratiche educative volte a favorire l’incremento dei sentimenti di appartenenza e la coesione nel gruppo classe.

Fuoriclasse: un modello di successo per il contrasto della dispersione scolastica

Secondo il rapporto Istat 2023, l’11,5% ha abbandonato senza ottenere diploma superiore nel 2022: tra i 18 e i 24enni, nel 2022, l’11,5% ha abbandonato precocemente gli studi, senza conseguire un diploma secondario superiore. In questo caso, il distacco con l’Ue27 in un decennio si è ridotto da 4,7 punti percentuali a soli 1,9. L’incidenza degli abbandoni è superiore di oltre 4 punti tra i maschi rispetto alle femmine e, sul territorio, sfiora il 18% nelle Isole. Questi dati, seppur in decrescita sono allarmanti in quanto la dispersione scolastica non ha ripercussioni immediate solo sul percorso formativo dello studente ma influenza anche l’evoluzione delle condizioni di vita future. Coloro che conseguono bassi livelli di scolarizzazione sono molto spesso destinati a percorsi lavorativi instabili e irregolari e si espongono a maggiori rischi di esclusione sociale. Il fenomeno si accentua per coloro che provengono da contesti deprivati dal punto di vista culturale ed economico, ai quali, sempre più frequentemente, la scuola non riesce ad offrire concrete possibilità di successo educativo e di miglioramento delle proprie condizioni di partenza. Una scuola di qualità in grado di supportare gli studenti nel raggiungimento del successo formativo, di motivare allo studio riconquistando così la fiducia degli alunni e delle famiglie, è un fattore cruciale di prevenzione dell’esclusione sociale. Contrastare la dispersione scolastica significa, quindi, favorire uno sviluppo positivo degli individui, ma anche accrescere il capitale sociale e culturale del Paese, creando una delle condizioni essenziali per uno sviluppo economico sostenuto e duraturo e per il progresso della società nel suo complesso. Ecco che diventa importante individuare delle strategie per contrastare il fenomeno e ridurre le percentuali di fallimento scolastico. A questo proposito, un esempio interessante è il progetto “Fuoriclasse” realizzato da Save The Children e Fondazione Giovanni Agnelli. Fuoriclasse accompagna per un intero biennio e fino alla delicata transizione al grado di istruzione successivo gli alunni delle classi quarte di scuola primaria e delle classi seconde di scuola secondaria di primo grado. Ciascuna delle due annualità del percorso Fuoriclasse ha una sua logica ben definita, ma entrambe concorrono a formare una modalità di intervento coerente dall’avvio del progetto alla sua conclusione. Ispirandosi all’articolo 28 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC, 1989), Fuoriclasse promuove la motivazione allo studio (laboratori motivazionali) e la possibilità di colmare i gap formativi (laboratori di sostegno allo studio) attraverso metodologie innovative che affiancano attività di educazione formale ad attività non formali (consigli consultivi e campi scuola), da svolgersi sia in orario scolastico che extrascolastico, non solo all’interno degli edifici scolastici ma anche in altri contesti formativi. L’intervento prevede un approccio integrato, che coinvolge tutti gli attori interessati al fenomeno: gli studenti, i docenti e le famiglie. Elemento caratterizzante è il protagonismo dei ragazzi: uno studente che ha la possibilità di esprimere la propria opinione sui temi relativi alla quotidianità scolastica avendo la certezza che le sue idee verranno prese in seria considerazione e che sarà in grado di poter apportare un cambiamento concreto per rendere la scuola un luogo a misura di studente, sarà un individuo che svilupperà un naturale senso di appartenenza e di fiducia nei confronti del contesto che sta contribuendo a modellare. Il progetto pilota è stato avviato nell’anno scolastico 2012/13 nelle città di Napoli, Crotone e Scalea (CS). L’anno successivo si sono aggiunte le città di Milano e Bari (2013/14) e nell’anno scolastico 2014/15 Torino. In pratica, nell’arco di tre annualità (2012/2015), due bienni di attuazione sono giunti a compimento in cinque città (Crotone, Scalea, Napoli, Bari, Milano).

Conclusione

In questo articolo abbiamo analizzato e studiato il fallimento al microscopio attraverso lo sguardo della psicologia scolastica. Siamo entrati in uno dei luoghi in cui l’essere umano passa gran parte del tempo per almeno i primi 20 anni di vita, in cui si imparano le conoscenze sul mondo e sulla vita, in cui si impara a stare insieme agli altri, in cui si sviluppano abilità e competenze per il futuro. Ma nonostante questo importante compito, la scuola è soggetta al fallimento o, meglio, a quello che gli psicologi scolastici chiamo in gergo tecnico “drop-out”. Un fenomeno che, secondo i dati ISTAT, è leggermente in decremento rispetto a qualche anno fa, ma che comunque è diffuso nel nostro paese e i cui dati sono più alti rispetto alla media europea. Abbiamo dapprima dato una definizione al drop-out e visto gli aspetti che lo caratterizzano, facendo poi un affondo sui fattori che lo causano. Abbiamo visto quanto la dispersione scolastica non ha ripercussioni immediate solo sul percorso formativo dello studente ma influenza anche l’evoluzione delle condizioni di vita future e che, pertanto, diventa importante attuare delle strategie educative per diminuire e contrastare il fenomeno attraverso progettualità mirate come il progetto “Fuoriclasse”.

 

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