Mente e corpo possono apparire come due elementi estremamente distanti tra di loro, in realtà sono fortemente connessi, e in dialogo continuo. Questo è facilmente osservabile quando siamo stressati: appaiono i primi foruncoli, si abbassa il sistema immunitario e si fa fatica a dormire. Presi singolarmente, questi segnali non ci dicono nulla sulla causa. È fondamentale considerare il momento di vita che la persona sta attraversando: anche la sofferenza più nascosta alla coscienza del soggetto si manifesta nel corpo. Pertanto, non basta solo pensare alla dimensione fisica: serve uno sguardo più ampio.
Ci chiediamo quindi: In che modo il corpo esprime la sofferenza? Quale legame profondo unisce mente e corpo?
La corporeità della sofferenza
Soffrire è un’esperienza comune a ogni essere umano, anche se ognuno di noi la sperimenta con intensità e forme diverse. Spesso questa sofferenza è invisibile agli occhi. Tuttavia, nonostante la sua natura nascosta, ci lascia dei segni profondi. Questo ci porta ad interrogarci sulla nostra esistenza, le nostre scelte e sui cambiamenti che affrontiamo.
La sofferenza può essere definita come un’esperienza spiacevole o angosciante, che coinvolge una persona sia a livello psicologico, sia fisico che esistenziale. Non c’è un unico modo di sperimentare la sofferenza: essa può variare da persona a persona. Anche uno stesso soggetto può esperirla diversamente a seconda del contesto, del suo stato psicofisiologico, oltre che attribuirle un diverso significato.
Per comprendere meglio questo concetto bisogna superare la dicotomia tra mente e corpo, e iniziare a considerare le persone come esseri psicofisici e socio-culturalmente situati. Infatti, la sofferenza possiede sia dimensioni corporee, sia psicologiche che socioculturali.
Anche quando la sofferenza non è causata da fattori biologici o visibili, come un lutto, rimane un’esperienza che possiamo percepire nel corpo. Ad esempio, attraverso: il battito accelerato del nostro cuore, il peso sullo stomaco, il sudore delle mani, la tensione delle spalle o la difficoltà a dormire. Nonostante la sofferenza non sia necessariamente legata ad una malattia o dolore fisico, può influire sul nostro benessere, fino a favorire (nei casi più estremi) lo sviluppo di diverse patologie.
Rapporto mente e corpo
Parlando del rapporto tra mente e corpo possiamo introdurre il termine: “psicosomatica”. A primo impatto può sembrare un termine di difficile comprensione se lo intendiamo con la definizione classica: “presenza di un disturbo fisico, senza cause organiche, e quindi di origine psicologica”. La somatizzazione è sempre esistita, semplicemente in passato era più facile attribuire sintomi fisici a stati psicologici. Al giorno d’oggi, invece, il sintomo dev’essere individuato, analizzato ed eliminato e il termine “psicosomatico” viene rifiutato dai pazienti perché non chiaro.
Risulta essere un termine carico di incertezze perché legato a una sintomatologia non ben definita, motivo per cui potrebbe essere minata anche la credibilità del soggetto: un malessere immaginario, frutto della propria fantasia, legato solo a persone fragili. Non è semplicemente una condizione in cui il corpo esprime un disagio che ha origine nella psiche, ma il riflesso di un’unità inseparabile tra mente e corpo, che si influenzano reciprocamente in un continuo scambio.
Il trauma nel corpo
Generalmente è molto difficile comprendere, entrare in contatto, e verbalizzare la propria sofferenza, sia a sé stessi che agli altri. Ci si focalizza più sul cercare di distaccarsene, di non sentire le sensazioni che suscita nel corpo e di non sintonizzarsi con quello che si prova.
Questo risulta ancora più complesso quando viviamo un trauma: non ci cambia solo nel profondo, ma anche nel nostro rapporto con la quotidianità, facendoci sentire estranei a noi stessi. Esprimere questa sensazione di non sentirsi più se stessi è molto complesso. Eppure, il trauma non è necessariamente qualcosa di lontano: non serve essere un soldato per incontrarlo. Può riguardare noi, i nostri amici, le nostre famiglie e chi ci sta vicino.
Ad esempio, subire, assistere ad una rapina o un’aggressione fisica possono provare molto il soggetto, minando il suo senso di sicurezza, ponendolo in una situazione di maggiore allerta.
Chi subisce un trauma cerca di andare avanti e di comportarsi come se non fosse successo nulla. Questo richiede uno sforzo enorme al soggetto: trovare l’energia di continuare con la propria vita, cercando al contempo di gestire il ricordo di quell’evento che lo ha profondamente segnato e lo fa sentire impotente. Mentre il nostro corpo vorrebbe andare oltre l’episodio traumatico, la mente ci tiene ancorati al suo ricordo.
Un’esperienza traumatica può riattivarsi anche dopo molto tempo, innescata da minimi segnali di pericolo. Il nostro cervello inizia a rilasciare in maniera consistente gli ormoni dello stress: emergono emozioni intense (es. una paura improvvisa e acuta), reazioni fisiche forti (es. insonnia e battito accelerato) e comportamenti aggressivi (es. scatti di rabbia e reazioni eccessive).
Tali risposte post-traumatiche travolgono il soggetto. Spesso risultano incomprensibili e portano a convivere con una persistente sensazione di paura e perdita di controllo. Questo può portare il soggetto a sentirsi intrappolato e a non vedere una via d’uscita.
Chi ha subito un trauma spesso si sente separato dal proprio corpo. Si ha la percezione di essere distaccati dalla dimensione del sé, da quello che lo circonda, e anche dalle sue emozioni. Pertanto, per riuscire a superare il trauma è necessario recuperare la connessione con il corpo.
Conclusioni
Come riporta Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri della medicina mente-corpo: “la mente e il corpo sono inseparabili; ciò che colpisce l’uno, inevitabilmente colpisce anche l’altro”. In un epoca dove sempre di più si è staccati dal corpo e si è smarriti nei propri pensieri risulta invece fondamentale recuperare il legame tra mente e corpo, perché ci permette di comprendere meglio la sofferenza umana. Superare la divisione tra ciò che sentiamo e ciò che viviamo nel corpo consente al soggetto di acquisire una maggiore consapevolezza di sé e di quello che prova. Per ritornare al corpo ed essere in connessione profonda con esso possono venirci in aiuto tecniche come lo yoga, la mindfulness, oppure approcci terapeutici come la Sensory Motor che approfondiremo nei prossimi articoli.
Bibliografia
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Zacchetti E. & Castelnuovo G. (2014). Clinica psicologica in psicosomatica. FrancoAngeli